martedì 24 maggio 2011

Sempre sulla Via e derivati

Rileggendo il precedente post mi sono reso conto di essere finito fuori argomento senza arrivare al senso del titolo.
Non avevo voglia di correggere il post, considerato che ne sono nati altri spunti, però ora vorrei tornare sul tema.
Si parlava del Do, questo percorso di saggezza che i Veri praticanti di AMT decantano ogni volta che vogliano compiacersi per la loro pratica "elevata" rispetto a chi fa solo sport.

Quello che volevo sottolineare è che questo Do, questa "via dell' arte marziale", viene chiamata in causa come se fosse un' esclusiva delle AMT, senza però chiarire che cosa sia effettivamente.
Perchè in pratica ognuno ci plasma quello che vuole, se ne esce con questa trovata della Via per darsi un tono quando parla con gli amici o quando si deve confrontare con chi pesta come un fabbro, non avendo altre argomentazioni se non ammettere di non essere altrettanto capace.

"Guarda che le arti marziali non sono violente, non sono mica una zuffa tra ubriachi!
Chi segue veramente i dettàmi delle nobili AMT accede a livelli di saggezza e consapevolezza superiore!"

Quante volte ho sentito discussioni con questo messaggio di fondo..
Il problema è di chi sostiene questa argomentazione perchè io posso accettare che guerrieri del passato abbiano maturato una filosofia e mentalità di vita particolari in seguito ad una vita fatta di scontri spesso mortali, ma che l' impiegato di Reggio Calabria (che inizia a praticare per calare la pancetta e va in palestra a fare ginnastica marziale per due sere a settimana se va bene) possa arrogarsi il diritto di vivere la stessa esperienza... Beh permettetemi di dissentire.

Il fatto che oggi nelle AMT si dia molta meno importanza all' applicazione realistica di ciò che si impara (ergo: non si combatte mai per non farsi la bua), ha alimentato a dismisura questo aspetto "filosofico" della pratica, cosicchè gran parte dei praticanti si nasconde dietro a questa scusa per giustificare la propria paura del confronto reale, fatto di botte, lividi e dolore.
Le AMT sono così diventate una pratica piacevole e appagante, effettivamente "per tutti" (come piace molto sottolineare nei volantini pubblicitari) anche se gli allenamenti, ridotti a mera ginnastica, vengono vissuti come sessioni faticosissime di esercizi speciali, manco a Tana delle Tigri..

Prima che qualcuno si inalberi per difendere il proprio orticello, facciamo la solita riflessione banale: cosa si fa, mediamente, in un allenamento di AMT?

- Si fa un pò di riscaldamento (ginnastica)
- Si provano per ore dei movimenti mimati chiamati tecniche (ginnastica)
- Li si ripetono fino alla nausea per renderli esteticamente perfetti (ginnastica artistica)
- Si suppone che più questi siano belli da vedere, più saranno efficaci quando Paolino il Camionista ti metterà le mani addosso perchè gli hai fregato la morosa (illusione mista onanismo puro)
- Si ripetono delle sequenze di posizioni chiamate forme (danza)
- Si rispettano un sacco di formalità pseudoreligiose-militari in nome del rispetto per un maestro che spesso è un altro impiegato di provincia privo di quell' esperienza che però gli piace ostentare con le ragazzine dagli occhioni grandi grandi (autolesionismo)
- Si ascoltano senza possibilità di replica delle nozioni di "filosofia orientale" prive di fondamenti storici, competenza reale o analisi da parte di chi le ha redatte (filosofia spiccia, settarismo).
- Sì, ogni tanto chi è fortunato fa anche qualche minuto di sparring, in cui senza rendersene conto si muoverà in modo completamente diverso da come abbia provato dieci minuti prima (e nelle precedenti venti lezioni), ma illudendosi che questi pochi minuti di libero lo trasformino in un grande guerriero samurai (onanismo).

E così quando qualcuno si permette di far notare che forse, per onestà, non sia il caso di sentirsi delle macchine da battaglia se poi in media si pratica questo, il praticante di AMT si offende e chiama in causa la famosa "Via", il rispetto per i maestri a prescindere, e tutta quella serie di argomentazioni a parole in difesa di questa loro visione "superiore" della vita, la morte, le vacche (cit.).

Spesso il marzialista tradizionale rifugge il confronto fisico-atletico non perchè abbia sperimentato per troppo tempo il dolore o abbia già ammazzato decine di poveri cristi per concludere infine che il mondo sarebbe un posto migliore senza trucidazioni varie, come presumibilmente fecero gli antichi maestri: no, lui si appropria da subito di questa morale, ma si prende per induzione anche la parte in cui ha scuoiato o spezzato vite in giovinezza... E se ne gonfia l' ego.

Rifugge lo scontro perchè in realtà ha paura di farsi male, di scoprirsi incapace, di svegliarsi all' improvviso in una realtà in cui non si è più supereroi rispettati che vincono sempre con tecniche micidiali e armoniose ma si è solo uomini che fanno a botte.

E allora ecco che la "Via" diventa lo scopo principale per cui loro praticano questa affascinante attività.
Fanno ginnastica marziale e la associano a valori morali e insegnamenti di vita.
Hanno visto tanti bei film in cui il saggio maestro cinese è prodigo di consigli per i suoi adepti e vogliono anche loro sentirsi come lui.
La loro diventa a tutti gli effetti un' attività che non ha più nulla a che vedere con "lo studio e l' applicazione di tecniche di combattimento", in cui la "Via" sia una conseguenza del percorso: la "Via" stessa diventa il credo da seguire e nel frattempo, già che ci siamo, fanno anche una ginnastica che gli dona autostima e li rende fighi agli occhi delle ragazzine dagli occhi grandi grandi e quelli degli amici ignoranti!

A questo punto tutta l' AMT diventa un' opera di bene, un' associazione profit dei buoni sentimenti dove tutti sono meritevoli e non importa se non sappiano fare mezza cosa di ciò che studiano (anche se in giro raccontano di essere temibili guerrieri, andando pure ad insegnare).
E' un pò come se tutti gli universitari dovessero sentirsi automaticamente laureati per il semplice fatto di essere iscritti ed impegnarsi nello studio.

Il fatto è che possiamo attribuire un percorso di vita molto filosofico e affascinante a qualunque attività umana.
Chi coltiva piante per passione, chi segue una religione con fervore, chi fa sport estremi, chi abbandona la città per tornare a coltivare campi... ognuna di queste "esperienze" può avere significati profondi che possiamo esportare per renderli appetibili agli occhi di qualcuno abbastanza suggestionabile.
Ma diamo alle cose il nome che devono avere.

Io non metterò mai in discussione la positività del praticare qualsiasi cosa per puro piacere, e nemmeno per ingenuità d' intenti: se la signora Cesira si sente felice nel credere a tutte queste storie di saggezza e introspezione, se è semplicemente affascinata dalla cultura esotica o le piace fare una ginnastica originale... va benissimo così.
Ma non posso accettare chi invece si riempia la bocca di morale, valori ed etica solo per darsi un tono e per sentirsi un combattente senza averne alcuna capacità.

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