martedì 6 settembre 2011

Questione di cambiamenti

Questa sera sono ispirato dall' ennesimo racconto di un ragazzo che si è rotto le balle di praticare un' arte del combattimento in cui... non si combatte mai.
Mi tocca ripetermi, le AMT sono una di quelle strane attività umane in cui per apprendere una cosa non la si fa.
Per imparare a nuotare mi tocca buttarmi in piscina, per imparare a guidare faccio scuola guida su di un' auto, per imparare l' inglese ascolto i film in lingua originale per farmi l' orecchio... nelle AMT invece per imparare a tirare pugni e calci mi metto per anni a mimarli nel vuoto curandomi di quanto siano perfetti esteticamente.

Si prospetta una grande soddisfazione per chi pratica AMT quando raggiunge il limite della sopportazione e inizia con uno sport da combattimento.
E' come rinascere e poter finalmente sfogarsi, liberi da tutte quelle costrizioni, quegli esercizi "tecnici" dei quali in fondo non si è mai capita l' utilità, quei formalismi che credavamo ci rendessero più nobili e invece ci rendevano solo più boriosi.

Quando si inizia a praticare un' AMT si è ancora pieni di entusiasmo e aspettative, e il brodo programmato che viene rifilato sapientemente sembra qualcosa di meraviglioso: chi non ha ancora abbastanza esperienza (e purtroppo parliamo di numerosi anni) si autoconvince che più avanti si arriverà a livelli di capacità superiori, che al momento sia ancora troppo presto per giudicare e chi si permetta di farlo sia un eretico ignorante, di un livello inferiore di intelligenza, gente incapace di fare sacrifici o di guardare in profondità le cose.

Poi succede che dopo anni passati a perfezionarsi in forme ed esercizi vari, si cominci ad avere la sana e sincera volontà di provare, di mettersi in gioco per verificare se a questa perfezione tecnica corrisponda uguale abilità combattiva.
Ma rigide etichette di comportamento e disciplina impongono di non potersi confrontare in quel modo così infantile quale uno scontro libero.
E, incredibile ma vero, quando si arriva ai gradi che contano è ancora più improbabile riuscire a mettersi alla prova, soprattutto con i praticanti meno esperti: perchè l' etichetta impone che una cintura nera non possa abbassarsi ad un confronto con un allievo, senza contare che spesso evitino di proposito il confronto per paura di scoprirsi incapaci.

Come dissi in uno dei primi post, la posizione sociale nel gruppo è qualcosa di appetitoso e a cui difficilmente si sceglie di rinunciare in nome della verità: molto meglio continuare a porsi come mortali guerrieri o insegnanti esperti.
Questa droga mentale ammalia sia chi, in fondo, non ha tutto questo interesse per le arti marziali (e quindi si gode la cosa senza scrupoli) sia chi ne è appassionato ma in cuor suo sa di non saper applicare sul serio le cose di cui si riempie la bocca: e non lo sa perchè non lo ha mai verificato, e più passa il tempo e più aumenterà la sua paura di farlo, finchè un giorno si ritroverà con un rango nel gruppo talmente elevato che se anche volesse mettersi in gioco non potrà farlo per non guastare il gioco di tutti gli altri.

Non ci si può rendere conto di una cosa finchè non la si prova, questa è una realtà appurata di qualunque cosa si parli.
Il combattimento è una pratica che fa paura, le botte vere fanno un fottuto male e allenarsi a prenderle e darle non ha niente di poetico, artistico, folcloristico: è sudore, fatica, dolore, sacrificio.
Ma diventa presto anche una grande soddisfazione, qualcosa che ci rende liberi e felici, se è questo che intendavamo imparare quel giorno che abbiamo pensato di cominciare.

Anche io ero "quel ragazzo", nonostante tutto devo molto alle esperienze che ho vissuto grazie alla mia pratica di AMT: grazie ad esse ho viaggiato all' estero, ho conosciuto alcuni dei miei migliori amici, ho incontrato la mia ragazza, ho fatto attività fisica, ho avuto la soddisfazione di sentirmi primo in qualche garetta....

ma

nel momento in cui ho ripensato a quel primo desiderio, imparare a combattere, ho potuto constatare che le AMT siano sature di idiozie e contraddizioni morali diametralmente opposte allo scopo.
Droga per polli.

14 commenti:

  1. Ehi, può darsi che questo tipo che ti ha ispirato lo conosca..? xD

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  2. Ciao AndreaZ, piacere di averti qui, sì mi riferivo proprio al tuo intervento ;)

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  3. Che tu ci creda o no, a crisi già avviata, fra le altre cose anche questo blog mi ha aiutato un po' ad aprire gli occhi. :) spero la cosa ti faccia piacere.
    E grazie.

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  4. Sì mi fa piacere perchè il senso del blog era proprio quello di dare un punto di vista magari polemico e scanzonatorio su cose che tuttavia ho vissuto in prima persona.
    Niente è completamente giusto o sbagliato, ma nelle AMT ci sono troppi aspetti poco chiari che è bene far presente.
    Buona fortuna qualunque sia la tua scelta!

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  5. Scusa,ma in quello che praticavi,non c'era comunque il combattimento? (riferito ad Arte Mortale).

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  6. Bella domanda e ulteriore spunto per un post.
    Il punto è che praticamente tutte le AMT sostengono di avere una parte di combattimento, o di trattare di combattimento.
    Quello che praticavo aveva anche una parte dichiarata di combattimento "sportivo", relegata ad allenamenti di simil-kick boxing una volta al mese se andava bene.
    Naturalmente veniva insegnata senza nessuna nozione reale, con il maestro che improvvisava colpi e combinazioni "dedotti" dalla pratica normale: e anche così appariva evidente quanto differissero l' approccio e le tecniche stesse.

    E' un altra assurdità delle AMT, CREDERE di conoscere certe cose nella convinzione che già ci siano nella propria pratica: io ho imparato più cose a riguardo in un giorno di Muay Thai che in anni di pratica tradizionale...

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  7. Nelle AMT si parla di combattimento "sportivo" (anche con un certo snobbismo) per indicare lo scontro libero, mentre la pratica vera è quella che ammazza le persone al solo tocco.

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  8. Io avrei una domanda: "Qual'è, se esiste, il modo migliore di studiare le tecniche(quelle delle AMT o dei sistemi militari, cioè quelle da strada diciamo) in applicazione (ovviamente)?

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  9. Diciamo che il modo migliore di studiare le tecniche è quello in cui tu (TU) riesci ad assimilare i principi di movimento, le sensazioni, le percezioni, le abilità necessarie per concretizzarle.
    In parole povere, ad esempio, nelle AMT perlopiù si imparano ad eseguire perfetti colpi a livello estetico e tecnico. Tutto bene, questo è il primo step, senza questo si smanaccia.
    DOPO però è necessario rendere i colpi forti, veloci e potenti: altrimenti non mandano giù nessuno e sono solo schiaffi o calcetti. Ok, colpitori, sacco e qualsiasi altra cosa in cui possa sperimentare ed allenare i miei colpi alla MASSIMA potenza (spesso rendendosi conto che sono tutt' altro che potenti).
    INFINE, una volta che ho la tecnica corretta e la forza incisiva, devo imparare a piazzare questi colpi nel momento, distanza, situazione giusti: sparring controllato con un compagno che NON VUOLE farsi colpire.

    A livello di apprendimento neurologico (non parlo di cose astruse, lo sperimentiamo tutti da quando siamo nati!) l' unico modo per apprendere una cosa è quello di... farla.
    Posso essere un fenomeno a tirare colpi nel vuoto, o anche ai colpitori. Ma se lo scopo finale e farlo in combattimento, solo così posso assimilare tutto ciò che sono mie sensazioni e abilità assolutamente personali, capire le mie debolezze o punti di forza, le astuzie, etc.

    Da questo punto di vista anche nelle AMT si potrebbero avere gli stessi risultati, se non fosse che
    - il tempo è poco e imparare queste cose è tutto meno che scontato. Non basta affatto "tirare forte".
    - molte delle tecniche studiate nelle AMT sono semplicemente TROPPO tecniche: i perfezionismi sono esagerati e controproducenti.
    - i programmi tecnici minano completamente la progressione realistica delle abilità: studi figure varie da presentare agli "esami", prendi un grado e presumi di essere di un livello superiore. Balle.

    Il modo migliore di studiare come applicare le tecniche è lo sparring, che NON vuol dire mettersi guantoni e fare simil kick, ma mettersi qualche protezione a seconda del caso (per non farsi male per niente), stabilire COSA si vuole provare, avere un compagno NON collaborativo e... cominciare a darsele.
    Si impara mille volte meglio è più in fretta così che non facendo anni di sofismi e ipotesi, naturalmente è necessario qualcuno con esperienza che dia le giuste indicazioni e intervenga per mantenere nei binari l' esercizio. Quello è un istruttore.
    Poi si può anche studiare quello che si vuole, anche le cose astruse: se uno riesce a bloccare pugni al volo, fare giravolte, fare combinazioni di 10 controtecniche, calci volanti, blocchi bloccanti o schienate storiche... avrà il mio massimo rispetto.
    Inutile dire che NESSUNO ci è mai riuscito...

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  10. Per esempio: Noi decidiamo che la tal sera si esegue l'applicazione di una determinata tecnica, per dire, il mio compagno mi da un diretto o Dx o Sx e io paro uscendo a destra o a sinistra e contrattacco con un calcio girato che può essere con il tallone salendo tra le gambe alle palle o alto al volto...
    Il mio problema è: a me la tecnica entra (anche a velocità e forza elevate) giusto perchè so che lui mi tirerà un diretto. Ma se fosse libero e lui mi tirasse ogni 4-5 diretti un gancio o addirittura un calcio, io non me lo aspetterei e il colpo lo prenderei...
    E non è che se lui mi tira il calcio invece del diretto io riesco ad applicare la controtecnica per il calcio...

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  11. Hai proprio centrato il punto: ci sono tecniche che funzionano finchè vengono provate in un modo specifico, ma l' obiettivo finale deve SEMPRE essere un combattimento libero in cui il compagno DEVE poter fare quello che vuole.
    Si scopre così che anche quelle cose che effettivamente funzionano, diventano complicate se solo cominciamo ad introdurre finte, combinazioni ma anche la stanchezza, l' impossibilità di muoversi in un certo modo e così via.
    Non parliamo poi di quello che succede quando si COMBATTE sul serio, full contact, contro uno che vuole DAVVERO mandarti al tappeto con i suoi colpi più forti.
    L' entra in gioco pure lo shock psicologico, altro che pace interiore e mente vuota, che sono obiettivi giusti ma troppa gente ne parla senza cognizione di causa.
    Mai fatto un combattimento, sportivo, full contact? Sai (non dico te) cosa vuol dire l' adrenalina e la paura che ti assale la prima volta che sali sul ring o sul tatami e sai che di lì a un minuto quel tizio farà di tutto per FARTI MALE? E quando prenderai i primi colpi, e faranno fottutamente male, avrai ancora voglia di pensare di parare al volo, fare spostamenti millimetrici e tecniche wow?
    No, io dico che almeno una volta uno deve provarlo un combattimento "sportivo" full contact, tanto è una stupidata per un vero marzialista no?

    E detto questo, pensa invece a cosa succede "per strada", dove non ci sono nemmeno i regolamenti e se arrivi alle mani con la persona sbagliata è un attimo che ti ritrovi pure un coltello in pancia.
    Purtroppo è solo con queste dure lezioni che si riesce a capire la differenza tra la ginnastica marziale fatta urlando con la faccia imbronciata, facendo tecniche che fanno sentire artisti del movimento, e lo studio del combattimento fatto di fatica e dolore, nella consapevolezza che potresti anche prenderle malamente ma almeno studi strumenti comprovati per fare del tuo meglio.

    Prendi poche cose che sai fare e comincia a metterti alla prova con un tuo amico che NON fa arti marziali, caschetto, guanti, terreno adeguato e digli di attaccarti. Vedi cosa ne viene fuori. Presto o tardi arriverai alle STESSE conclusioni: quello è il combattimento degli esseri umani.

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  12. Ma se esistono stili di karate,che anche quando fanno i kumite,il loro è un light contact o addirittura non si toccano nemmeno? Indossano i guantini giusto per prevenirsi nel caso scappasse un colpo... Un mio amico era praticante di shotokan,mi pare e una volta gli chiesi ingenuamente: "ma non è che allenandovi a controllare SEMPRE i colpi, quando dovete colpire per davvero non ne siete capaci?" e lui con sorrisino saputello che risponde "eh,te lo credi te!"

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    1. Uno dei più grandi errori è quello di PRESUMERE di essere in grado di tirare al 100% alla bisogna, ed è un difetto tipico di chi pratica in quel modo.
      Certo non vuol dire che un pugno o un calcio non facciano male, ma sto parlando di allenare il massimo del proprio potenziale.

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  13. Le stesse esperienze che ho vissuto anch'io nel tradizionale, anni e anni letteralmente buttati via a fare forme, drill a vuoto, esercizi di "falso" combattimento preimpostati che ti fanno sentire il nuovo Bruce Lee, quando poi in pochi mesi, amici che intellingentemente hanno scelto di praticare SdC, tra condizionamento, potenziamento e sparring continuo hanno fatto crollare come castello di sabbia tutte le mie certezze e i vari perfezionismi, le millemila forme, leve articolate e altre falsità che per logica non funzionano in un combattimento reale non collaborativo moderno (magari nel Giappone feudale potevano pure avere senso, per carità). Passavano gli anni e stavo lì a dare la colpa a me stesso dicendomi, nonostante l'invidia "Amici e compari perdono tempo a boxare 3 colpi e a fare rozze flessioni, bleah, tu intanto stai studiando le tecniche orientali dei tuoi film preferiti dove volano e battono i bruti con l'energia del cosmo, che ti frega, se ancora non riesci e perchè ci vogliono anni ad arrivare ai gradi alti" e poi ai gradi alti ci arrivi e... Vabbè dai, un pò è servito ad allenare un pochetto la coordinazione e qualche riflesso e come dici tè a fare belle amicizie, conoscere belle ragazze (evitando di parlare degli esaltati che ancora oggi fanno finta di non capire restando chiusi nel loro piccolo e falso mondo) e viaggiare a fare stages e gare, non mi pento di nulla per essere passato agli SdC anzi, per me è stato come fare un "level up", finalmente mi sento veramente libero da schemi e di muovermi in modo naturale e preparato, mi dispiace soltanto di non avere più qualche anno in meno!! :') . Buona pratica Arte Mortale, buona pratica a tutti.

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